Notizie - 12 luglio 2024, 08:00

E se il primo tormentone fosse Romagna Mia?

Il celebre valzer, nato dalla creatività di Secondo Casadei e inciso per la prima volta a Milano nell'estate 1954, è considerato il primo vero tormentone della musica italiana, con buona pace di Edoardo Vianello

E se il primo tormentone fosse Romagna Mia?

Sgombriamo subito il campo da pregiudizi e luoghi comuni: i tormentoni sono una cosa seria. E' vero che li ascoltiamo d'estate quando siamo al mare o in piscina, è vero che generalmente hanno una struttura molto semplice - qualcuno direbbe al limite del banale - e che ci entrano in testa a forza di ascoltarli alla radio; ma quei brani musicali che sanno tanto di leggerezza, devono essere qualcosa di incredibilmente perfetto se anche gli scienziati, negli ultimi tempi, hanno iniziato a interrogarsi e a dedicarvi addirittura dei veri e propri studi. 

Le ricerche e decenni di neuroscienze hanno permesso di dare conferme autorevoli a sensazioni che chiunque abbia avuto modo di ascoltare musica, registrata o ancora più in un luogo dove la si suona dal vivo, ha sicuramente imparato a riconoscere: suoni, parole, vibrazioni, melodie riescono a stimolare le varie regioni cerebrali e questo incide anche sugli stati d'animo di chi ne fruisce, anche perché, spesso, associamo un brano a ricordi di qualunque tipo. C'è anche chi sostiene che un tormentone possa essere costruito a tavolino, e che ogni anno musicisti, parolieri ed esperti marketing delle case discografiche lavorino con emittenti radiofoniche e televisive per sfornare il tormentone giusto dell'estate. Che se poi diventa la colonna sonora di uno spot di qualunque tipo, beh: è fatta.

Tutto sicuramente vero ma allora verrebbe da chiedersi se anche "Romagna Mia", inno di un territorio e della sua gente conosciuto in tutto il mondo, sia stato scritto seguendo le stesse dinamiche. Il celebre valzer, nato dalla creatività di Secondo Casadei e inciso per la prima volta a Milano nell'estate 1954, è considerato il primo vero tormentone della musica italiana, con buona pace di Edoardo Vianello che con i suoi intramontabili cavalli di battaglia ("Pinne, fucili ed occhiali" del 1962, "Abbronzatissima" e "Watussi" del 1963) è annoverato tra gli inventori del genere. La storia, invece, ascrive proprio al fondatore dell'omonima Orchestra Casadei il primato di aver scritto il primo successo senza tempo e la leggenda aggiunge anche che l'avesse composta qualche tempo prima ma che sia stato il caso a farla finire in un'incisione discografica e che poi sia merito di Dino Oliveri, all'epoca direttore artistico dell'etichetta "La Voce del Padrone", se il brano cambiò il titolo originale, "Casetta mia", in quel vero e proprio atto d'amore per la regione di origine del Casadei.

Il brano, inizialmente interpretato da Fred Mariani e Arte Tamburini e poi Pino Flamigni, Edgardo Gelli e Mauro Ferrara, riscosse un immediato successo diffondendosi velocemente e guadagnando popolarità e affetto da parte di un pubblico sempre più vasto. E così grazie all'orchestra di Secondo Casadei e alle altre orchestre che la inserirono nei loro repertori, alle trasmissioni di Radio Capodistria (una delle primissime emittenti straniere che in quegli anni sfidò il monopolio della Rai prima della tumultuosa epopea delle radio libere) e all'uso dei juke box, la canzone superò ben presto i confini della Romagna anche perché i turisti che visitavano la riviera acquistavano il disco come souvenir, favorendone ulteriormente la diffusione e contribuendo ad eleggerla inno per la gente della Romagna: il brano diventò subito una sorta di "patrimonio condiviso" su scala nazionale, perché negli anni venne cantato da artisti del calibro di Oscar Carboni, Claudio Villa, Nilla Pizzi, Orietta Berti, Rosanna Fratello, Giorgio Consolini, Raffaella Carrà. E quando nel 1971 Secondo Casadei morì, fu suo nipote Raoul a lanciare definitivamente la canzone, che negli anni  venne tradotta in varie lingue e reinterpretata da artisti del calibro di Francesco Guccini, Gigi Proietti, Fiorello, Iva Zanicchi, Spagna, Jovanotti, Biagio Antonacci, Renzo Arbore, Gianna Nannini, i Nomadi, Gloria Gaynor e i Deep Purple, oltre a Luciano Pavarotti fino alle ultime, più recenti passerelle che servirono ancora una volta a consacrarne il successo: i cori spontanei dei volontari che, giunti in riviera da tutta Italia, intonavano "Romagna Mia" durante le operazioni di soccorso per l'alluvione del maggio 2023 e l'omaggio che il Festival di Sanremo le dedicò lo scorso 7 febbraio 2024 con la partecipazione dei giovani musicisti e ballerini di Santa Balera e Mirko Casadei.

Ma a quanto pare la capacità di comporre tormentoni è scolpita nel Dna della famiglia Casadei, se è vero che altri grande successi tipicamente estivo sgorgarono dall'estro creativo di Raoul Casadei, nipote di Secondo che lo instradò alla musica cedendogli poi le redini dell'orchestra: è il caso di "Ciao Mare", che il nostro compose nel 1973 e che l'anno dopo raggiunse la vetta delle classifiche quando partecipò al Festivalbar sbaragliando la concorrenza di brani che quell'anno andavano per la maggiore, dai Bee Gees ad Elton John, da Paul McCartney a Patty Pravo, da Mia Martini a Lucio Battisti. Vuole la leggenda che fu proprio dopo il successo di questa canzone dal ritmo incalzante della tipica ‘polka ballerina’  a sdoganare ufficialmente la defizione di "genere liscio" e che fu proprio Raoul a coniarla. Da lì per lui, una sequenza di annate e canzoni che ebbero grande successo contribuendo ad accrescere la popolarità di questo genere musicale entusiasticamente spensierato e del suo principale testimone:  "La mazurka di periferia", "Simpatia,"   "La mia gente", "Tavola Grande," "Io cerco la morosa," "Romagna e Sangiovese," "Giramondo," "Liscio 70," "La Canta," "Il Passatore," e "Amico Sole"

Dalle balere alle piazze, l'energia di questi brani diventò davvero incontenibile e finì per contaminare anche quei canali di diffusione musicale che nel frattempo avevano guadagnato sempre più rilevanza: le radio libere, i palchi seguitissimi del Festivalbar (1973-1975), del Festival di Sanremo (1974) e del Disco per l’Estate (1975), contribuirono al successo di un genere musicale che, tormentoni a parte, ad ogni nota sprizzava estate da tutti i pori. E ancora oggi è così, con buona pace delle major e del marketing che nell'era della musica digitale cercando di creare a tavolino successi destinati a durare il tempo di un flirt tra gli ombrelloni. 

Gianni Avanzi, Radio Liscio

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